martedì 5 agosto 2014

SPECIALE ONCE UPON A TIME : "MADRI, SORELLE, AMICHE" LA FAN-FICTION DI BENE DEDICATA ALLA SERIE TV

Buonasera lettori! Oggi ho passato una bella mattinata senza il lavoro ( il bisogno di ferie cominciava a farsi sentire) e mi sento carichissima.
Coloro che mi seguono, sanno già che sono una fan appassionata della serie tv Once Upon a time che tornerà a Settembre con la quarta stagione.
La mia amica Bene (fan accanita e abile scrittrice) si è cimentata in un lavoro molto carino e interessante, dedicandosi alla stesura di brevi e originali fan fiction dedicate alla serie, in attesa dell' inizio della nuova stagione.
Se vi siete perse la puntata di lunedì scorso cliccate QUI
"Madri, sorelle, amiche" ci racconta del rapporto complesso tra Regina e Mary Margaret, due donne che il destino ha voluto nemiche, ma che dopo anni di vendette, sono finalmente pronte a collaborare.
In questo estratto non si parla del loro talento in battaglia, di magia o di scontri, ma della loro vera essenza, ciò che le rende donne e madri, una caratteristica che le accomuna profondamente.


MADRI, SORELLE, AMICHE
(Una scena tra una disperata neomamma alla ricerca di aiuto e una salvatrice inattesa. Chi seguiva la serie Streghe troverà un piccolo riferimento familiare che non sono riuscita a non mettere).

C’è una cosa che a Mary Margaret era rimasta dalla maledizione. La fiducia cieca e incrollabile per i libri. Del resto, non puoi passare trent’anni della tua vita a fare la maestra e non finire per innamorarti del potere che i libri ti offrono. 
Con i giusti libri a portata di mano, puoi riempire un buco quando la tua lezione è finita troppo presto e i bambini si stanno agitando,
 puoi leggere una storia quando ti appioppano una supplenza improvvisa e inattesa, puoi fotocopiare lo schema per i decori d’autunno e di primavera, puoi trovare proprio l’esercizio giusto per l’indomani mattina senza doverti mettere ad inventare frasi. Insomma, hai fatto metà del tuo lavoro quando sai in quale libro cercare. 
Per questo amore, i pochi momenti liberi tra una seduta spiritica e una caccia alla strega, l’avevano vista col naso profondamente immerso dentro qualche volume relativo alla puericoltura. Con un po’ di rimpianto, aveva scorso velocemente le pagine relative alla gravidanza e al parto per giungere a quelle trattanti quel territorio inesplorato che è la cura dei neonati. Dopo tante parole assimilate, pieghe alle pagine e domande poste in giro, si era sentita decisamente pronta a questa nuova grande avventura.
Questo finché questa sicurezza non venne a scontrarsi un sabato mattina con la dura realtà.
Emma e Hook erano partiti di corsa per New York per recuperare gli effetti personali e sbrigare le ultime faccende burocratiche. 
Dalla caparra della casa al nulla osta da richiedere alla scuola di Henry per il trasferimento, la lista delle cose era lunga e impegnativa, ma i due avevano ogni intenzione di portare velocemente a termine tutto per poter, finalmente, tornare a casa. Tuttavia, per tornare a casa, è necessario avere un tetto da chiamare così, e Charming e Henry, dal canto loro, stavano affrontando questa sponda della battaglia, ripitturando e risistemando un piccolo ma grazioso appartamento a pochi minuti dal loft. 
Tutto incredibilmente positivo e incoraggiante, finanche il fatto che Charming non avesse fatto opposizione che la sua unica figlia andasse a convivere con il pirata; tutto, se non che Snow era rimasta a casa da sola a badare a Neal. 
A un Neal urlante. 
A un Neal inconsolabile che da quasi un’ora stava piangendo ogni lacrima che aveva in corpo. 
Granny avrebbe detto che così gli crescevano i polmoni, ma i detti popolari non erano di alcuna consolazione alla disperata madre.
Dei consigli dei libri, nessuno aveva funzionato. Non era fame, non era da cambiare, il ruttino l’aveva fatto e anche il rigurgito, ovviamente oltre il bavaglino e dritto sulla maglia della madre. 
Non voleva il ciuccio, né aveva sete. Appoggiarlo sulla spalla camminando aveva portato a quei trenta secondi di pace che avevano fatto illudere Mary Margaret di star per uscire vincitrice dalla battaglia, ma il sogno si era subito sgretolato quando le urla erano riprese, più forti e struggenti di prima.
Bluffare con degli orchi e rischiare di essere bruciata viva non le avevano creato che un decimo dell’ansia che la attanagliava in questo momento. 
Non sapeva più cosa fare, ma qualcosa doveva trovare, per il bene di Neal e della propria sanità mentale. Camminava ciondolando avanti e indietro, tenendo con un braccio il neonato appoggiato su una spalla e facendolo saltellare leggermente su e giù, mentre con l’altra mano e con l’aiuto del mento (è incredibile come si impari ad arrangiarsi, quando si ha un neonato sempre in braccio) sfogliava disperatamente il suo libro più fidato, sperando in qualche consiglio che potesse finalmente condurla vincitrice fuori da questa impasse. 
Scorrendo il capitolo ed eliminando via via ciò che già aveva provato, giunse alle ultime, beffarde righe, che riportavano:
“Quando tutto questo non funziona, ricorda mamma: a volte, un bambino ha solo bisogno di piangere”.
Non appena il suo stanco cervello colse appieno il senso di questa frase, un impeto d’ira così poco caratteristico della sua indole la colse, portandola a lanciare lontano da sé il volume traditore, che cadde con un tonfo contro il tostapane facendo sussultare e urlare ancor di più il piccolo principe. Sull’orlo oramai di una crisi di nervi, con la mente annebbiato dall’ansia e dalle urla, Mary Margaret si ritrovò senza pensare a fare qualcosa che, lucidamente, forse non si sarebbe mai sognata di fare. Prese il suo vecchio cellulare e scrisse un messaggino.
“Neal piange da un’ora, sono da sola e non so più che fare, le ho provate tutte. Aiutami, ti prego.”
Subito dopo aver premuto il tasto invio, un barlume di lucidità le fece capire che forse, forse quella non era proprio una mossa geniale, anzi. Così, non solo non aveva risolto nulla, anzi, era solo riuscita a far cacciarsi in un guaio ancora più grande.
Quasi inatteso, pochi minuti dopo bussarono alla porta. Davanti all’uscio, nella sua classica eleganza, con occhi stranamente gonfi e arrossati, stava Regina. 
Non la guardò in faccia se non di sfuggita, ma con fare di chi è abituato a comportarsi come più le aggrada, entrò in casa, chiuse la porta dietro di sé e prese dalle braccia della madre il piccolo che ancora piangeva. 
Mary Margaret non sapeva che dire, se scusarsi incalzantemente per il disturbo o ringraziare per il cambio alle sue stanche braccia. 
Dal canto suo, Regina era completamente concentrata sul piccolo urlante che, dopo solo un secondo di silenzio per il brusco cambio di location, aveva ripreso il suo pianto disperato. Benché una parte di lei continuasse a considerarla un’idiota, Regina sapeva che Mary Margaret non era una stupida, e che sicuramente aveva già controllato i motivi più comuni per cui un neonato di solito piange. Questo, e il fatto che la stanza fosse disordinatamente piena di biberon iniziati, ciucciotti abbandonati, pannolini aperti ma non usati e sedie spostate per aumentare la superficie calpestabile erano un chiaro indizio di ciò che era accaduto nell’ultima ora.
Rivolgendo nuovamente tutta la propria attenzione al piccolo disperato, parlandogli in tono sommesso, come se gli stesse rivelando un segreto, Regina si avvicinò al divanetto nell’angolo e vi si sedette alla ricerca di una posizione comoda, appoggiò un cuscino sulle ginocchia per appoggiarci le braccia e non stancarsi, dopo di che voltò delicatamente il bambino in modo che fosse disteso lungo il proprio braccio e il suo pancino fosse a contatto con il calore della sua mano destra. Lentamente, le urla andarono scemando, lasciando il posto a una nenia mormorata dalla donna, una ninnananna nata in un’altra terra che pacatamente condusse il piccolo prima a qualche lieve singhiozzo, facendolo infine cedere alla stanchezza e al sonno. 
La mano di Regina continuò ancora a lungo a muoversi lentamente, massaggiando il neonato, e le sue labbra continuavano a canticchiare, mentre lei sembrava persa in un mondo tutto suo fatto di ricordi e pentimenti per ciò che era stato e di una flebile speranza per i giorni a venire in cui, se troppo giovane per essere nonna, potesse almeno svolgere il ruolo di lontana zia per il piccolo tesoro che così fiduciosamente stingeva tra le sue braccia. 
Persa tra i suoi pensieri, non si accorse di come il leggero shock sulla faccia di Mary si tramutò prima in stupore per la rapidità con cui Neal si era calmato, poi in un dolce sorriso pieno di rimpianto e di una sfumatura di affetto per quello che stava accadendo. 
Se in passato Regina era stata più volta sul punto di toglierle la vita, ora non aveva tentennato nel lasciare la sua casa, rifugio dall’immenso dolore che nuovamente le stava distruggendo il cuore, per rispondere alla richiesta di aiuto che a lei, e solo a lei, era arrivata. Mentre la donna più anziana era occupata a perdersi nei suoi pensieri cullando il piccolo, Mary recuperò silenziosamente la macchina fotografica, che dal giorno in cui Neal venne alla luce era sempre a portata di mano per immortalare i mille preziosi momenti che la famiglia stava, finalmente, vivendo. Senza farsi accorgere, scattò alcune foto alla coppia, decisa a metterle nell’album di famiglia che aveva intenzione di costruire per il piccolo. Vista gli intrecci dell’albero genealogico familiare, Neal avrebbe avuto bisogno di tanti aiuti visivi per riuscire a cogliere chi ognuno fosse nei propri confronti. In quel momento, Mary aveva appena deciso che quella pagina bianca su cui aveva scritto a matita “Regina ?” doveva essere corretta cancellando il punto di domanda e ripassando il nome di quel brillante rosso che la donna tanto amava e che, Mary ne era certa, stava tornando a dominare il di lei resistente cuore.
“Non hai visto come piegava verso di sé le gambe? Non serve chissà quale genio per capire che il poverino soffre di coliche. Se ti ricapita, e credimi, capiterà di nuovo, mettilo a pancia in giù come vedi e massaggialo, ma sempre in senso orario, hai capito?”
Anche se Regina aveva tinto le sue parole di non proprio velata acidità, i suoi occhi tradivano in realtà la volontà di trasmettere qualcosa alla giovane mamma. 
Così, mascherandosi dietro un finto atteggiamento di chi è indispettito dal trovarsi dov’è, passò il pomeriggio seduta sul divano con il suo quasi nipotino in braccio, a condividere la sapienza materna che in tanti anni solitari con Henry aveva dovuto apprendere da sola. Fin dalla notte dei tempi, le donne, siano esse madri, sorelle o amiche, si insegnano l’una l’altra i segreti della maternità. E Regina e Biancaneve, in fondo in fondo, erano un po’ tutte e tre l’una per l’altra.

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